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Ipazia

Nella “Prima lettera ai Corinzi”, uno dei testi fondamentali del Nuovo Testamento, quindi delle basi dottrinali della Chiesa Cattolica Romana, San Paolo espone alcune regole che riguardano la donna:

“...Voglio però che sappiate che capo della donna è l'uomo. Ogni donna che prega senza velo sul capo, manca di riguardo al proprio capo. Se dunque una donna non vuol mettersi il velo, si tagli i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli, allora si copra. L'uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell'uomo. E infatti non l'uomo deriva dalla donna, ma la donna dall'uomo; né l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per l'uomo. Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza. La chioma le è stata data a guisa di velo... come in tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge. Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea...”

Socrate Scolastico, teologo e storico della Chiesa dell’Impero Romano d’Oriente, scrive di una donna del suo tempo:

“...Per la magnifica libertà di parola e di azione che le veniva dalla sua cultura, accedeva in modo assennato anche al cospetto dei capi della città e non era motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini: infatti, a causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale...”

Damascio, filosofo bizantino, ultimo scolarca dell’Accademia di Atene e considerato anche l’ultimo dei filosofi neoplatonici, scrive della stessa donna:

“...Era pronta e dialettica nei discorsi, accorta e politica nelle azioni, il resto della città a buon diritto la amava e la ossequiava grandemente, e i capi, ogni volta che si prendevano carico delle questioni pubbliche, erano soliti recarsi prima da lei, come continuava ad avvenire anche ad Atene. Infatti, se lo stato reale della filosofia era in completa rovina, invece il suo nome sembrava ancora essere magnifico e degno di ammirazione per coloro che amministravano gli affari più importanti del governo...di natura più nobile del padre, non si accontentò del sapere che viene attraverso le scienze matematiche a cui era stata introdotta da lui ma, non senza altezza d'animo, si dedicò anche alle altre scienze filosofiche. La donna, gettandosi addosso il mantello e uscendo in mezzo alla città, spiegava pubblicamente a chiunque volesse ascoltarla Platone o Aristotele o le opere di qualsiasi altro filosofo...”

Pallada di Alessandria, poeta, epigrammista e grammatico greco, nella sua “Antologia palatina” esprime la sua vena poetica sulla stessa donna:

“...Quando ti vedo mi prostro davanti a te e alle tue parole, vedendo la casa astrale della Vergine, infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo atto Ipazia sacra, bellezza delle parole, astro incontaminato della sapiente cultura...”

Di questa donna straordinaria parla anche il suo allievo più fedele Sinesio nei suoi scritti e nelle sue lettere:

“...Abbraccia per me la venerabilissima e piissima filosofa, il beato coro che gode della divina voce...sulla base di quanto mi insegnò la mia veneratissima maestra...”

Chi ha visto il film Agorà sa che stiamo parlando di Ipazia, matematica, astronoma e filosofa greca ferocemente assassinata da una folla di cristiani fanatici, perché donna, perché colta, perché intelligente, perché esponente coerente e coraggiosa del libero pensiero.

L'immagine è una elaborazione grafica da un fotogramma del film Agorà di Alejandro Amenábar e da una fotografia dell'osservatorio astronomico in orbita terrestre Hubble.